giovedì 13 settembre 2007

Fine della saga?


Nel 2001, dopo lo sciogliemento dei Parlophones, mi industriai per non restare senza musica e con Adriano, Fabrizio e Andrea Bigioni, un bravissimo chitarrista solista amico di Fabrizio, formammo gli 'Gnu Economy', di cui chi legge suppongo che già saprà a sufficienza.

Per le casualità che interferiscono nelle nostre vite, il 1 Giugno del 2001 attraversai il Meditterraneo per approdare a Valencia per lavorare come direttore della delegazione locale dell'Alitalia. Questo da una parte provocò la fine del gruppo acustico ma dall'altra diede linfa vitale a Gnu Economy fino al punto che già conoscete.


È questa la fine della saga 1%? Se ci pensate bene ci sono ancora un 99% di possibilità di rinascita....

Nella foto un momento della metamorfosi da Onepercent Acoustic Band a Gnu €conomy: Fabrizio Cugia con le maracas e Andy Bigioni con la chitarra classica.

Tre anni all'insegna della melodia

Tra il 1998 ed il 2001 ci esibimmo in vari locali della capitale come i già citati 'Penny Lane' o 'Alpheus', ma anche in clubs ed enoteche dei castelli romani. Insomma ci infilavamo dove potevamo, sempre compatibilmente con l'attività parallela non meno intensa dei Parlophones. Nel 1999 entrò nella band un percussionista, anche lui come Giancarlo ex collega della Cathay Pacific, Eugenio Iacoacci. Eugenio era un eccellente batterista e un buon chitarrista di estrazione tipicamente rock anni 70 e con retaggio prog italiano (PFM, Banco, New Trolls, etc..). Tardò molto poco ad inserirsi nel gruppo. Il repertorio era dei più vari: da Elton John a James Taylor, da Paul McCartney agli Eagles, da Fabio Concato a Neil Young.

Un evento tra tutti merita una citazione: la notte del 21 Novembre 1998, in occasione del 30º anniversario della sua pubblicazione, ci esibimmo al Cavern di Roma con l'aggiunta di Fabrizio Cugia alla batteria riproponendo fedelmente tutto il doppio Album Bianco (30 canzoni!) dei Beatles in versione totalmente unplugged. Tra le varie sorprese della serata ricordo l'intervento del 'Parlophone' Salvo nei brani 'Savoy Truffle' e 'Cry Baby Cry' e Francesco Randisi (mio cugino) che dal mixer faceva partire i vari effetti sonori tipo gli uccelli di 'Blackbird' o i maiali in 'Piggies' o l'aereo di 'Back in the USSR' o l'intera 'Revolution 9'. Ricordo che provammo solo due sere nel garage di Adriano a via Belluzzo. Un mese dopo ricevetti a casa una copia della fanzine del TBFC, Tokyo Beatles Fan Club diretto dall'amico Kenji Maeda, che riportava l'evento con recensione e una bella foto in bianco e nero.

Per chiudere questa parentesi vorrei menzionare Attilio Serrao, grande voce e fraterno amico di Salvo, che ci seguì da vero fan durante le nostre schitarrate acustiche.

Nella foto Eugenio, Giancarlo, Andrea e Adriano in una pausa in sala prove.

I Parlophones e l'Acoustic Band


È nel 1997, dopo un-improvvisata jam Beatlesiana in un locale della zona Prati, il Penny Lane, che entrai in contatto con Salvo Pettinato, avvocato di fama e chitarrista-cantante, che mi invitò a partecipare ad un suo progetto musicale con il batterista Fabrizio Cugia ed il bassista Mario Ugolini dedicato al 100% ai Beatles: i 'Parlophones'. Non è questo il blog dei Parlophones e non vi racconterò le vicende di questo gruppo, per altro molto belle ed avventurose, ma la citazione del ritorno sulle scene musicali mi serve per introdurvi quello che sono gli epigoni della vicenda 1%. Infatti nell'ambito delle rassegne musicali beatlesiane organizzate dall'ente no-profit BeatleCharity, formai un gruppo totalmente unplugged con un altro chitarrista cantante, l'ex collega della Cathay Pacific Giancarlo Landolfi, e Adriano al basso a 5 corde acustico. All'inizio adottammo il nome di 'Three Cool Cats' (citazione di un pezzo che i proto-Beatles suonavano ai tempi del Cavern e ad Amburgo) e ci cimentavamo nel riarrangiare pezzi dei Beatles in versione acustica. Arrivammo a suonare cose come 'Penny Lane', 'Fool on the Hill', 'Honey Pie', 'Here There and Everywhere', 'When I'm sixy-four', 'Across the Universe' o 'Another Day', tra gli altri. Una volta all'Alpheus mi ricordo che suonammo con il pianista Bernardo Amato una bella versione di 'I'm the Walrus'.


Però la voglia di suonare anche altre cose ci porto ad allontanarci dall'etichetta di cover band dei Beatles e così, pur continuando a suonare sempre qualche canzone del quartetto di Liverpool, fondammo la 'Onepercent Acoustic Band'.

Nella foto in alto Gianca in azione.

Quattro anni di buio musicale

Dopo la fine della Onepercent Blues Band la voglia di suonare era andata a farsi benedire.

Ma questa volta il colpo fu più duro del previsto. Non c'era più nè entusiamo nè voglia di riscatto. Nel 1994 io mi sposai con la madrilena Nuria García (si, proprio come quel simpaticone del sergente di Zorro) ed entrai a lavorare come Sales Executive alla Cathay Pacific Airways. Cominciava una vita differente, sicuramente più organizzata e meno 'casinara', ma senza la musica dal vivo. Arrivai a svendere (non ci posso pensare) la Gibson ES-175 e la Telecaster e comprai chitarre acustiche che per lo meno potevo utilizzare a casa: il primo acquisto fu una Taylor 615, artigianale a cassa jumbo, veramente una chitarra acustica straordinaria. Poi presi dal bravissimo liutaio Franco di Filippo (che diventò poi praticamente il liutaio di fiducia di tutte le band con cui mi trovai a suonare) una classica a cassa sottile e spalla mancante con fishman incorporato della Camps, casa catalana di Girona. Se ci ripenso, non so proprio come faci a stare tutto quel tempo senza la musica dal vivo.
Ma prima o poi le cose dovevano cambiare...

Lo scioglimento della Blues Band (ascolta 'Little Wing' live al Prometeo)


Nel 1993 entrarono nel gruppo due coriste che si univano al gruppo solo in determinate occasioni: Barbara, più tardi voce solista del gruppo pop Babyra Soul nonchè allora compagna di Fabrizio, e la bravissima Francesca, che lavorò come corista con molte star del panorama nazionale.
Non credo di essere in grado di dare una data o un momento che determini la fine della Blues Band, ma proprio quando si era all'apice dell'attività molti fattori e
sterni cominciarono a condizionare il gruppo. Specialmente nell'ambito del 'Jake & Elwood' si erano create situazioni, per cosi dire, promisque... Umberto e Fabrizio avevano formato un 'power trio', i Fun, con il bravo bassista Nicola Casali, da tutti conosciuto come il 'Caballo', professionista riconosciuto (lavorò alla RAI con Gigi Proietti, tra gli altri). Il problema non era il fatto delle due band contemporanee, per altro pratica diffusa nel settore, ma che il repertorio dei Fun era molto simile a quello nostro e poco a poco essi presero il posto degli Onepercent nella programmazione del locale. Così senza neanche accorgercene io e Adriano ci ritrovammo all'improvviso senza suonare... Ricordo una delle ultime esibizioni, un capodanno, credo del 1992, che suonammo al Prometeo e che mi costò un'accesissima discussione con la povera Raffaella che non ce la faceva più a sopportare i miei malumori. Approfitto di questa pagina web per chiederle umilmente scusa per tutto quello che le feci passare allora...

Il 'Concerto per David' (ascolta 'Couldn't Stand the Weather' Live al Prometeo)



Quella è stata un'epoca di concerti in locali piccoli e grandi, piazze, risoranti, alberghi e castelli! Il 13 Maggio 1991 (spero di non sbagliarmi) in occasione dell’inaugurazione del volo Milano-Chicago dell’American Airlines, ci esibimmo presso l’Hotel Gallia, uno dei più prestigiosi alberghi meneghini. Oppure, per la festa europea della Singapore Airlines, dove suonammo nella sala principale del castello di Nerola, tra armature e spade medievali.
Ma tra tanti concerti quello che forse è rimasto nella storia di quell’inizio folgorante degli anni novanta fu quello che il 'Prometeo' ospitò ed organizzò con la collaborazione del ‘Jake & Elwood’, del ‘
Big Mama’ e de ‘L’Esperimento’ per David Brill. Purtroppo il motivo di questa ‘comunione d’intenti’ non era allegra, tutt’altro: Mick Brill, il già citato bassista dei Mad Dogs aveva perso inopinatamente il suo unico figlio, il diciottenne David, in un incidente d’auto e volevamo dimostrargli tutto il nostro affetto e dargli un aiuto economico. Così furono contattati i gruppi più in voga del momento e fu preparato questo maxi concerto al Prometeo. All’esibizione aderirono i ‘Bridge’ (con il grande Mario Schilirò alla chitarra che di lì a poco andò a suonare con Zucchero), gli ‘Io vorrei la pelle nera’ (con Giorgia nelle vesti di Aretha Franklin), i ‘Lavori in Corso’, ovviamente, i ‘Mad Dogs’ e ‘Onepercent’ (spero non aver dimenticato nessuno). L’evento raccoglieva la ‘non plus ultra’ del Rock-Blues che il mercato romano era in grado di esprimere in quel momento. Inutile dire che la riuscita artistica fu pari a quella di pubblico. Il locale era strapieno (più di mille persone) ed i più c’era tanta gente fuori che voleva entrare. Appasionati di musica, amici di Mick, amici di amici, amici di amici di amici… . La serata cominciò presto, vista la durata prevista, e furono i Bridge a rompere il ghiaccio. Doug, il cantante di Liverpool e amico d'infanzia di Ringo Starr, attaccò e magicamente entrammo tutti in uno stato di coinvolgimento totale. Di colpo erano dimenticate le accordature della chitarre, o il mal di gola, o il sound check fatto in fretta… Era cominciato un evento che sarebbe rimasto nella memoria di tutti quelli che ne parteciparono (pubblico, musicisti, tecnici….) e forse anche di chi non potè assistervi.
Quando fu il nostro turno suonammo con tutta la rabbia e l’energia che avevamo in corpo. Peccato che il mio amplificatore saltò e mi arrangiai con una soluzione d’emergenza attaccandomi all’ampli di Dave Sumner dei Mad Dogs. Partimmo sparati con ‘Hard to handle’ di Otis Redding e chiudemmo la mini esibizione (quattro canzoni in tutto) con l’immancabile ‘Little Wing’ in versione leggermente accorciata (visto che la nostra abituale durava superava i 10 minuti…).
Ricordo Mick alla fine del concerto in lacrime per la commozione quando gli fu consegnata la busta con il ricavato della serata.

Nelle foto Adri e Umberto durante un concerto al Prometeo

S.I.M. 1991 (ascolta 'Summertime Blues' live al Prometeo)





In occasione del S.I.M. (Salone Internazionale della Musica) che si tiene annualmente alla fiera di Milano, venimmo a conoscienza che l’organizzazione stava cercando nuovi gruppi da fare esibire sul palco centrale. Scrivemmo per aderirvi e ci arrivò ben presto una lettera d’invito a partecipare ai provini. Decidemmo così, per abbattere i costi, di affittare una macchina (una Lancia Dedra super accessoriata blu ministeriale), considerato che come dipendenti di Linea Aerea sia io che Adriano avevamo forti sconti, e ci precipitammo a Milano per fare quest’audizione presso un teatro del centro di Milano. Ci demmo appuntamento all’uscita dell’autostrada di Lodi con il nostro amico Fabio Ricci che ci fece da Cicerone. La sera prima del provino, Fabio ci procurò una serata in una festa privata fuori Varese, vicino al confine con la Svizzera, in una villa molto bella, che ci avrebbe permesso di recuperare i soldi dell’affitto della macchina. Era una serata a tema: Far West! Così, circondati da belle sqaw e John Wayne disarmati, improvvisammo tutto un repertorio Country-Rock che ci fece guadagnare la meritata ‘pagnotta’.
La mattina dopo, alle 10, al provino suonammo una versione della Hendrixiana di ‘Foxy Lady’ che avevamo riarrangiato per l'occasione sullo stile di ‘Prince’.
Dopo un mese circa ricevemmo la comunicazione che dovevamo suonare alla Fiera. Era un evento! Affittammo un Camper con la mia famiglia e Raffaella Ramezzana, la mia ragazza di allora, e partimmo il giorno prima. Dormimmo parcheggiati davanti all’entrata della Fiera e la mattina, dopo una bella colazione, ancora un po’ rintronati, ci presentammo al cospetto dei tecnici che ci diedero l’orario della nostra esecuzione. Era bellissimo, tutto ‘sapeva’ di musica con la M maiuscola, tra decine di gruppi che suonavano ogni genere, tra gli stand di tutte le marche di tutti gli strumenti ed accessori. Era un’atmosfera meravigliosa. Verso le 11 avemmo i nostri 3 minuti di notorietà su quel tanto ambito palco. ‘Foxy Lady’ risuonava per tutta la fiera di Milano. Sul palco si sentiva molto bene, anche se non avevamo fatto nessun sound check. Non credo di avere neanche una foto di quell’evento, ma ancora ricordo con quale emozione salì sul palco. Sulla via del ritorno ci fermammo in una trattoria del Lodigiano e al momento del caffè intonammo, accompagniati dall’acustica suonata da Fabrizio, una nostalgica ‘Roma nun fa la stupida stasera’. Eravamo sereni.

Nelle foto una sessione fotografica in bianco e nero fatta nei camerini del Prometeo

Un ritmo frenetico (ascolta 'Proud Mary' Live al Prometeo)

Oltre a questi impegni fissi di mercoledì e giovedì, c’erano poi gli impegni occasionali in altri locali che ci monopolizzavano tutti i fine settimana. Il nome della band era sempre presente ogni settimana sul ‘Trovaroma’. Tra i vari locali che io ricordi, suonò all’Old Granary di Formello, a non so dove a Ladispoli, Mississippi Club a Trevignano, etc...


A volte, e non poche, Fabrizio non poteva venire a suonare perchè aveva altre situazioni musicali in piedi e spesso si accavallavano le date. In questi casi avevamo un paracadute di lusso, Alessandro Bastianelli, veramente un grande batterista, che senza nemmeno una prova sostituiva Fabrizio senza che ne risentisse nè l'impatto musicale che la qualità. L'unico neo erano i finali che spesso non venivano eseguiti in forma 'precisamente pulita' e questo gli costò l'affibiamento del soprannome da parte di Umberto di 'Cazone' (non voglio neanche pensare al finale di 'Sweet Home Alabama'...ah,ah,ah).
Chiaramente tra tutti questi impegni era difficilissimo conciliare le prove, così spesso e volentieri si utilizzava il sound check per vedere se un nuovo pezzo funzionasse o meno. A volte neanche avevamo il tempo per fare i suoni e così la prima canzone era destinata ad essere massacrata da chi stava al mixer.
Diciamo che l’iter classico era questo (spesso si finiva più tardi):

Ore 18.30 – caricare gli strumenti musicali in macchina.
Ore 19:00 – scaricare gli struimenti al locale.
Ore 19:10 – montare il palco
Ore 20.00 – fare il ‘sound-check’
Ore 21.00 – fine ‘sound check’ e apertura al pubblico del locale
Ore 23.00 – inizio del concerto
Ore 24:00 – fine primo set
Ore 24:15 – inizio secondo set
Ore 01:00 – fine concerto
Ore 02:00 – chiusura del locale e smontaggio degli strumenti
Ore 02:20 – caricare gli strumenti in macchina
Ore 02:50 – scaricare gli strumenti
Ore 03:00 – a casa a dormire…

Poi, se il concerto era infrasettimanale, io e Adri avevamo la sveglia la mattina dopo alle 6:30 per andare a lavorare.
Per non parlare delle feste e ricorrenze...



Nella foto qua sopra un momento di una festa natalizia al Prometeo: si riconoscono da sinistra Zak, Frappa, Simonetta, Raffi, Woody, Mick Brill dei Mad Dogs in mutande, Alessandra e Teresly... Più su una foto recente del bel 'cazone'.

Le sessions al Prometeo (ascolta 'Sweet Home Alabama' Live al Prometeo)


E’ l’epoca delle grandi sessions: il famoso bluesman romano Roberto Ciotti, il raffinato batterista jazz Walter Martino, il giovane chitarrista dal futuro assicurato, Alex Britti, i ‘Mad Dogs’, gruppo inglese composto, tra gli altri, da Mick Brill, Dave Sumner, George Simmons e Derek Wilson. E poi l’ex batterista di Branduardi, Duilio Sorrenti e i suoi ‘Emporium’, il cantante Blues americano Herbie Goins (al suo attivo dischi con il bluesman britannico Alexis Corner e collaborazioni con Ginger Backer, Jack Bruce e John McLaughlin), il bravissimo sassofonista soprano Tony Germani (ricordo un assolo da brividi con il soprano su ‘Little Wing’, improvvisato al Prometeo), il virtuoso chitarrista Michele Mele e il gruppo ‘Fool’s night band’(ai quali feci la locandina per la tournée italiana), e poi ancora i ‘Countdown’, il gruppo con cui cantava Alex Baroni, gli ‘Io vorrei la pelle nera’, dove, tra gli altri c’erano Giulio Todrani e sua figlia, l’allora diciassettene Giorgia, Marco Rinalduzzi alla chitarra e tanti altri. Nel frattempo Adriano si era comprato un Fender Jazz del 1968 bianco con battipenna tartarugato.
I ricordi di quelle serate sono sbiaditi: si suonava così tanto e si era così tanto stanchi che alla fine faccio molta fatica a dare una collocazione spazio temporale a quel determinato concerto o a quella particolare jam session. E’ davvero difficile fare mente locale e porre gli eventi in un ordine cronologico attendibile. Comunque ho conservato parte delle locandine che disegnavo e i trafiletti di giornale che parlavano di noi, perciò, con molta pazienza, dovrei riuscire a raccontarvi quello che accadde agli ‘Onepercent’ in quei primi anni dell’ultimo decennio del secolo (mi dovrete dare più tempo). Era tutto così frenetico, si prendeva al volo qualsiasi opportunità per esibirsi, per fare apparire il proprio nome e per alzare il volume degli amplificatori. Non per niente oramai eravamo rinomati per questo…

Nella foto in alto un momento di una session con Roberto Ciotti. Al centro Adri con il basso Fender Jazz del '68

Torna Frappa! (ascolta 'Drive My Car' live al Prometeo)


Fu allora che, consci del fatto che ci si stava prospettando un periodo di crescita e di lavoro intenso nei club romani, ci rendemmo conto che Claudio, suo malgrado, costituiva un freno a tutto questo, con i suoi limiti di disponibilità, perchè comunque la sua priorità era lo studio universitario e non avrebbe potuto continuare a suonare con il ritmo che stavamo prendendo. Allora proposi il nostro vecchio batterista, Fabrizio Fratepietro, che non tardò ad inserirsi, come del resto avevamo già constatato nella precedente esperienza. Il suo telento non era certo un segreto! Nel frattempo aveva acquistato una Pearl grigia. Con il suo ingresso nel gruppo si cominciò a fare sul serio. Si lavorava tutti i mercoledì al ‘Prometeo’, tutti i giovedì al ‘Jake & Elwood’ (altro locale cult di Fiumicino) e tutti i fine settimana si era in questo o in quell’altro locale. Ricordo che con i primi soldi e grazie allo stipendio dell’American Airlines (tra il 90 e il 91 lasciai la T.W.A.), dove andavo a lavorare sempre più assonnato, mi comprai una Fender Telecaster del Marzo del ‘66 bianca con la leva Bigsby. Un piccolo gioiellino.
Nella foto in alto Frappa in azione, qua sotto un momento blues al Jake & Elwood.

1990 L'Anno del 'Prometeo' (clicca se vuoi ascoltare 'Hard to Handle' live al Prometeo)


Tra tutto questo vortice che aveva coinvolto i ragazzi del gruppo e chi gli stava vicino, si stava verificando una cosa magica: la mia Famiglia ed il Loche, unitisi a due altri soci, aprirono un locale all’Isola Sacra (Fiumicino) che arrivò addirittura a creare tendenza per un certo periodo: il ‘Prometeo’.
Da un capannone industriale era stata ricavata una struttura in muratura di oltre 600 metri quadrati, con un palco di 120 metri quadrati e con un impianto da 2000W ed un impianto luci computerizzato da far invidia al Madison Square Garden: era stato creato un posto per chi amava davvero la musica dal vivo. Un posto sognato da tutti i musicisti, dove sul palco c’era un sistema di monitor che rendeva l’ascolto perfetto in ogni punto, dove c’era una dotazione di microfoni, cavi, attrezzature di altissima qualità. E, soprattutto, dove, dopo i concerti in programma, ci si incontrava con i musicisti che, dopo aver suonato negli altri locali della città, confluivano per unirsi in interminabili ‘jam session’ che duravano tutta la notte. Era un piccolo paradiso per noi. In quel contesto cercammo di sviluppare il discorso dei pezzi originali, buttando qua e là, oltre a 'Every Night', dei pezzi di nostra composizione come 'Muddy Waters', 'Guru Meditation' e 'La Paramount'.

Nella foto il mitico palco del Prometeo

I centri sociali, le occupazioni e il demo (ascolta il demo di 'Every Night')


Iniziarono i concerti nei centri sociali: il 26 Dicembre 1989 a ‘Spaziokamino’ (ex San Fiorenzo) di Ostia. Invitati dall’amico (allora Punk) Bruno Consoli, avemmo un incredibile successo! Bruno suonò l’assolo con l’armonica a bocca su ‘Little red rooster’. Sempre nello stesso centro sociale suonammo nell’ambito di una manifestazione a favore della Palestina. Poi, nello stesso periodo ci fu l’occupazione studentesca dell’Università 'La Sapienza' di Roma: ci esibimmo prima in un aula della facoltà di Matematica su invito del Sabatini, grande amico del Sacchi ed esperto di Blues, Soul e Rythm'n'Blues e poi toccò a Lettere a Villa Mirafiori.
Presi dall’entusiasmo Umberto ed io scrivemmo una canzone originale ‘Every Night’ e la registrammo insieme alle cover di ‘Kansas City’ (un classico del rock’n’roll), ‘Red House’ (J.Hendrix) e ‘Mary had a little lamb’ (S.R.Vaughan). Il demo era di discreta qualità e diventò utile per potersi presentare ai locali. Notare nella foto la copertina a dir poco demenziale...


Nella foto in alto Onepercent nel centro sociale Spaziokamino di Ostia suonando 'Sweet Home Albama', al centro a Villa Mirafiori e qui sopra la copertina del demo...

I soprannomi e la strumentazione (ascolta Kansas City)


I tempi cambiavano e cambiavano anche i soprannomi. Oltre a Zak e Kakós, Andrea era diventato Duracell, per le sue doti di resistenza durante le prove chilometriche, Adri era a tutti gli effetti Woodie, data la somiglianza con il personaggio di Schultz. Cambiava anche la strumentazione del gruppo: io, oltre alla già citata Gibson 335, preso dall’entusiasmo, acquistai prima una Ovation 1621, poi una Gibson ES-175 originale del 1953, quindi un Fender Twin 100W ed un sistema wireless della Samson. Adri comprò dall’ex-compagno di Andrea al militare e bassista del gruppo ‘3Maniacs’, il già citato Gianni Rossi, il miglior basso di allora che producesse l’Ibanez, il Musician MC924. Il Kakòs possedeva una Tama rossa con piatti Paiste, Zildjian e Tosco. Della strumentazione di Umberto già ho parlato prima.
Da menzionare un'esibizione del 1989: la festa di Quarto Miglio, sotto gli archi dell’acquedotto romano. Davanti ad una audience dall’età media di 70 anni e dai gusti musicali più prossimi ad Alvaro Amici che ai Blues Brothers, suonammo tutto il nostro repertorio. Non contenti, alla fine, durante la gara canora che si svolgeva sul palco dopo il nostro concerto, improvvisammo un quartetto vocale stile ‘pecorari sardi’ al quale si aggregò un sacco di gente. Fu uno dei momenti più divertenti che ricordo di quel periodo.
Nella foto in alto la Gibson ES-175 del 1953, sotto Adri con l'Ibanez Musician.

I primi concerti Rock-Blues e le feste (ascolta 'Mary had a little Lamb')


Dopo più di un anno e mezzo di inattività dal vivo, nel Giugno 1989, i nostri eroi si esibirono nella piazzetta di Ostia Antica, suonando solo cover tipo: ‘Red House’ di Jimi Hendrix, ‘Come together’ dei Beatles, ‘Sweet Home Alabama’ dei Lynard Skynyrd, classici del blues come ‘Hootchie Cootchie Man’ e ‘Messin’with the kids’. Staccò da subito il pezzo di Hendrix ‘Little Wing’.
Si delineavano i ruoli nel gruppo: io avevo questa propensione ad aggregare facendomi prendere dall’entusiasmo, organizzavo e dirigevo le operazioni, ma in realtà il frontman era a tutti gli effetti Umberto. Con il suo stile e la bravura nel suonare la sua Strato impressionava gli ascoltatori e, soprattutto, cantava un gran numero di canzoni, molto di più di me. Onestamente, per il tipo di musica che facevamo, era giusto così, lui aveva una voce molto più adatta a qual genere musicale, mentre io ero più melodico.
Dopo questa soddisfacente prima esibizione, suonammo un paio di volte (una di queste il 22 Luglio ’89) in un locale di Fiumicino, che suppongo non esista più, il ‘Faxpa One’ con un inatteso e clamoroso successo. Per l’occasione facemmo una locandina molto ‘rockabilly’, con l’aiuto di Umberto, che sapeva disegnare altrettanto bene. Ricordo che andammo a questo locale una domenica mattina a fare un provino (…non si fidavano evidentemente!) e ci caricammo strumenti, amplificatori, batteria, nonchè noi quattro nella cinquecento bianca di mia madre… impresa epica! Ci fu un altro episodio divertente da raccontare circa quell’esibizione al ‘Faxpa One’: nel secondo concerto coinvolgemmo Sandrone, che nel frattempo aveva acquistato un trombone a New York accompagnato, udite-udite, da niente meno che Tom ‘Bon’ Malone (il trombonista della Blues Brothers band e della Gil Evans Orchestra!!!), e gli chiedemmo di suonarci gli stacchi (delle semplici singole note di LA) di ‘Let the good times roll’. Nel momento di fare questi stacchi, noi altri tre suonammo note completamente diverse facendo uscire un suono orribilemente stonato. Chiaramente bloccammo l’esecuzione della canzone e, davanti al pubblico sconcertato, dicemmo a Sandrone che era incredibile che non riuscisse a fare una sola nota giusta e lui che imbarazzatissimo cercava di giustificarsi davanti al pubblico che aveva ormai capito lo scherzo e rideva a crepapelle...

Ricordo anche una festa nel seminterrato della casa di Maria Grazia Pastorino all’Infernetto, dove ‘la buttammo in caciara’, come si dice a Roma, e si unì alla rumorosa session Fabio Ricci, mio ex commilitone nonchè compagno di divertimenti musicali con i ‘3 Maniacs’. Credo di avere ancora da qualche parte una cassetta con su una discreta versione di ‘Apache’ degli Shadows.
A tempo di record, a settembre, arrivò il momento della consacrazione con la partecipazione a ‘Euritmia’, una delle più importanti manifestazioni musicali nell’ambito dell’estate romana. Riscuotemmo tanto successo che ci proposero di tornare ma poi, per la scarsa organizzazione del management, non se ne fece più
nulla.

Nella foto in alto il gruppo durante la prima esibizione ufficiale ad Ostia Antica ed in questa qua sopra un momento del concerto a 'Euritmia'.

The Onepercent Blues Band (clicca per ascoltare 'Red House')

E così passò praticamente un anno di completo silenzio quando, durante una festa a casa di Nadia Versari all’inizio del 1989 (guarda un po’ lo stesso posto dove avvenne la primissima esibizione nel ‘86, corsi e ricorsi...), io e Adriano conoscemmo un suo compagno di classe (sempre del Liceo Classico ‘Anco Marzio’ di Ostia), il diciannovenne Umberto Sacchi, noto anche come Zak all’interno del celebre ‘gruppo feccia’, e ci cimentammo in una divertente Jam suonando pezzi di un genere che fino allora nè io tantomeno Adriano avevano mai fatto prima: il Blues. Umberto suonava con una Fender Stratocaster American Standard primi anni ’80 blu elettrico, distrosore Boss, wha-wha e ampli Fender Concert 60W e ci lasciò a bocca aperta per la bravura e la facilità nell’esprimere il Blues in tutta la sua essenza, soprattutto per quanto riguardava le parti soliste, ricordando molto i grandi del genere, come Stevie Ray Vaughan, Jimi Hendrix o Muddy Waters. Oltre a questo si rivelò un vero e proprio virtuoso con l’armonica a bocca (Honer, naturalmente accordata in MI). Inutile, nauralmente, parlarvi dei suoi gusti musicali.
Durante il periodo di inattività, nel settembre del ’88, acquistai a New York (da ‘We buy guitars’ nella 47th Street) una Gibson ES-335-TD fine anni 60-inizio ’70, rosso ciliegia e quella combinazione (Sacchi+Blues+Gibson) fece scattare la molla.
Tant’è che a carnevale del 1989 a casa di Sandrone si organizzò una festa in maschera (tutti hippies fine anni ’60) con tanto di musica dal vivo in tema. Io con parruccone e Ray Ban stile Robert Plant e Umberto parrucca Navajo. Oltre a noi tre (Umberto, Andrea e Adriano), per l’occasione, si aggiunse il batterista rock (noto nell’ambiente romano) Davide Scarnicchia, che, sfoggiando una maglietta dei Kiss, suonò la batteria elettronica Simmons del Loche. Anche il Loche suonò qualche pezzo in modo non disprezzabile. L’entusiasmo e l’amalgama c’era. Mancava solo un batterista di ruolo. Davide era troppo ‘rocchettaro’ e Loche era troppo poco tempo che suonava. Umberto propose un altro elemento dell’ ‘Anco Marzio’, Claudio Cacopardo, conosciuto da tutti come Kakòs, anche lui come Umberto di diciannove anni. Non lo si poteva certo definire un virtuoso, ma la simpatia e la sua energia e, comunque, una certa tecnica di base, lo catapultarono nel gruppo e così iniziò il nuovo corso. Il gruppo mantenne il vecchio marchio 1% ma adeguò, giustamente, il nome al nuovo ‘sound’ made in USA: ‘Onepercent Blues Band’.

Nella foto a centro post: la festa fricchettona da Sandrone e sotto il nuovo arrivato Kakós

martedì 11 settembre 2007

La crisi e la fine degli Unpercento

Nell’inverno del ’87 purtroppo cominciarono i primi dissapori e le liti. Il Sellaro si sentiva chiuso dalla presenza sempre più invadente sul palco dei fratelli Gabrielli e ogni esibizione diventava un susseguirsi di occhiate all’acido muriatico con conseguenti litigate. Come autore delle musiche voleva, probabilmente giustamente, più spazio, ma sul palco, per ovvi motivi logostici eravamo io ed Adriano a monopolizzare l’attenzione. Nonostante tutto, la produzione di nuovi brani andava comunque avanti, con la composizione di ‘East Asian Funky’, ‘So Hard’ e ‘Don’t Stop’. L’ultima esibizione ufficiale degli ‘Unpercento’ avvenne in un locale di Ostia Antica, il ‘Marylin Club’, nel 4 gennaio 1988. In quel concerto, documentato da un video che stiamo cercando di restaurare, si sperimentarono quelle ultime composizioni, tra cui l’unica versione esistente di una’esotica ma incerta ‘East Asian Funky’.

La rottura della band provocò in me un vero e prorpio shock: mentre il Sellaro decise di buttarsi a capofitto sugli studi di arrangiamento, sulle composizioni Jazz e, soprattutto, sugli odiati, ma imposti, esami di Economia e Commercio, io invece, in preda alla delusione per come erano andate a finire le cose, mi lasciai andare in uno stato catatonico di rifiuto totale per la musica. Erano troppe le speranze disattese e troppo repentina la decisione di mollare il giocattolo costruito con tanta passione ed amore viscerale per la musica. Fabrizio cominciò e dedicarsi alla fusion e Seby a sfornare dischi di musica Rap. Turi, invece, lentamente venne assorbito dai suoi studi di Architettura per lavorare nello studio del padre, perdendo piano piano la pratica con il sax. Peccato. Io nel frattempo, finito il servizio di leva, ero entrato a lavorare come impiegato all’ufficio prenotazioni alla T.W.A. Adriano di li a poco entrò a lavorare per l’American Airlines. Sembrava la fine di tutto.

Nelle foto: in alto l'ultima immagine tutti insieme, da sinistra Adriano, Andrea S., Turi, Seby, Frappa e Andrea G.; nel centro e sotto le foto in bianco e nero per la promozione del gruppo.

La 'salute' e la parentesi lombarda (ascolta 'Cmon Y'all')


Tra le tante corse tra Pavia e Roma, da un club all’altro, tra una registrazione e l’altra, mi ritrovai con le corde vocali a pezzi e con l’udito dell’orecchio destro menomato dagli alti volumi. L’otorino cercò di mettermi in guardia, ma non fu certo questo a frenare l’enorme passione che spingeva lui e gli altri ragazzi del gruppo. Ricordo la sera che suonammo al Luna Park di Ostia che dovetti trangugiare non so quanto Whisky mischiato col latte caldo per alleviare il dolore alla gola e riparare momentaneamente all’afonia.

Nella mia parentesi lombarda (nella seconda metà del ’87) ci fu anche la formazione di una rock-band piuttosto originale (o forse sarebbe meglio dire curiosa) che durò il tempo della leva e che si è esibì nel Pavese e nel Cremasco: i ‘3 Maniacs’ con Gianni Rossi e Fabio Ricci.

Nella foto in alto un'esibizione alla Vecchia Pineta di Ostia e più sotto Fabio Ricci.

La strumentazione ed il Piper (ascolta 'Running Around')

Migliorava intanto la dotazione musicale del gruppo: il Sellaro acquistò un sintetizzatore Yamaha DX7 che poteva affiancare al Fender Rhodes, Adriano comprò un nuovo basso Yamaha RB3000, Andrea cominciò a rifornirsi di effetti BOSS tra cui un flanger, un chorus, un digital delay, un compressore, un equalizzatore grafico ed un over drive, oltre ad un microfono Sennheiser finalmente all’altezza.

Il gruppo si esibì al teatro-cinema le Ginestre di Casalpalocco (in occasione della mia prima licenza… purtroppo solo 3 giorni per preparare tutto) il 29 Marzo ‘87, che si ricorda per la sfrenata break dance di Seby nell’intermezzo ritmico di ‘Blue Rap’, che poi sarebbe dieventata ‘To the beat y’all’ chiusa da una citazione dance classica: ‘Good Times’. E nel finale della performance, una ‘Roadhouse Blues’ dei Doors un tantinello assassina.

Inoltre, diverse feste dell’Unità a Ostia e Ostia Antica e vari locali (ricordo ‘L’Aragosta’, ‘La Creperie’, ‘Il Luna Park di Ostia’, ‘Da Corsetti a Torvajanica’ e ‘La Risacca’).

Essendo molto appassionato di disegno, cominciai anche a prendere l’abitudine di disegnare le locandine dei nostri concerti ogniqualvolta se ne verificasse l’oocasione. Non ho più perso questo ‘vizio’ e ancora oggi se vedte una mia locandina fuori da un locale sapete chi c’è dentro a suonare.

C’è anche da ricordare un’esibizione estemporanea che si tenne al Pontile di Ostia (registrata da un nostro amico Luca Battistella, alias il Battista) grazie all’invito di ‘Hello Johnny’. Bruno, questo il suo vero nome, era un bizzarro personaggio proprietario di una piccola radio locale e di una televisione privata del litorale, nonchè ideatore di varie iniziative di intrattenimento per l’estate lidense. Lo si vedeva spesso con i pattini a rotelle, ginocchiere e occhiali fluorescenti, per le strade più frequentate del quertiere. Nei locali della sua TV vennero girati (in maniera a dir poco casareccia) i video di ‘Mirages in the sand’ e ‘To the beat y’all’. Curiosamente, proprio la visione di quei video portarono un regista televisivo a contattare il gruppo per chiederne la partecipazione ad una serata di moda (…ehm, non poteva che essere una sfilata di biancheria intima femminile...) al mitico ‘Piper 80’ nell’autunno del ’87 (lo stesso dove nel ‘68 suonò Jimi Hendrix!). C’è da spiegare il motivo di tale interesse: non era solo una questione artistica, ma si da il caso che quando registrammo il video di ‘Mirages in the sand’ ci togliemmo i pantaloni e ci esibimmo in boxer… da qui l’attinenza con la serata. Esiste ancora un video fatto dal buon Sandrone, al secolo Sandro Galletti (tuttofare, da tecnico del suono a fotografo, da facchino a guardia del corpo a gran casinaro), che riporta l’intera esibizione. La scaletta di questo ‘storico’ mini-concerto fu: ‘Mirages in the sand’, ‘Running Around’ e ‘Call me on’, circondati da bellezze non comuni...

Nelle foto: in alto un momento del rap alle Ginestre di Casalpalocco, al centro 'Mirages in the Sand' alla festa dell'Unità del parco di Ostia e per ultima Sandrone Galletti.

Il Loche, il Rap ed il Servizio Militare (ascolta 'Mirages in the Sand')


Il 31 Gennaio 1987 si tenne una storica esibizione nel salotto di casa Gabrielli con al mixer un altro Andrea, il mio ex compagno di Liceo Andrea Loche, che, come per il Sellaro, per comodità diventerà ‘il Loche’. Più di 3 ore di musica (fin quando non arrivò la Polizia per fare smettere la musica… come i Beatles sul tetto della Apple Records!!!) per salutare la partenza per il servizio militare di Andrea. Infatti il 4 Febbraio ’87 il ‘Geniere’ Andrea Gabrielli partì per Albenga e poi finì a Pavia, ma le registrazioni ed i concerti non si interruppero, anzi (…quante licenze e quanti chilometri sui binari del treno!

Grazie al grande aiuto del Loche, nel 1997 furono composte e registrate (con un Fostex 4 tracce a bobine nel suo salotto) ‘Mirages in the sand’, quasi tutta scritta da me durante una pausa in camerata, ‘I will depend on you’, morbida ballata con un’atmosfera rarefatta, il funky accattivante tipicamente 'Sellariano' di ‘Running Around’ (il testo era ispirato a una biondina che avevamo soprannominato 'Laudrup' che piaceva tanto al Sellaro e che passava i pomeriggi a correre nel campo di atletica leggera sotto la sua 'attenta mirata'), oltre che le nuove registrazioni di ‘Call me on’ e ‘Watch the Horizon’ che vennero, per l’occasione, riarrangiate. Ricordo che quando registrammo il solo finale di 'Running Around' allentai le corde della chitarra fino ad ottenere un suono che ricordava vagamente un sitar! Le Cover più utilizzate dal gruppo nei vari concerti furono sicuramente i due brani di Sting ‘Consider me gone’ e ‘Moon over Burbon street’, tratti entrambi dal meraviglioso album ‘The Dream of the Blue Turtle’ del 1985. Nel franttempo si era formato uno 'zoccolo duro' di fans del gruppo tra i quali ricordo, oltre alla già citata Nadia, Raffaella, Maria Grazia, le due Federiche, Alessandra, i due Luca, Claudio, Valentina, e tanti altri che ora non riesco proprio a ricordarne il nome ma di cui ho ben presente il volto nella mia memoria. Magari se qualcuno di loro dovesse leggere questo post, è pregato di lasciare un commento!

Inoltre, attratti dalle nuove tendenze musicali, iniziò la collaborazione con il rapper Dj Ice One, al secolo Sebastiano Ruocco, un antesignano del genere oltre che grande pittore di graffiti e ballerino di break dance. Al suo attivo, negli anni, si conteranno molti LP e singoli, oltre alla collaborazione con il pluridecorato rapper Frankie NRG. Così venne registrata la canzone ‘(C’mon y’all) To the beat y’all’, pezzo scritto a tre mani, musica del Sellaro, testo del ritornello di Adriano e rap ovviamente di Seby, che ottenne la vittoria assoluta nelle selezioni 1987 di Castrocaro per il Lazio, a Sabaudia, alle quali il gruppo si era iscritto solo per puro divertimento. Tanto il successo del gruppo funky/rap tra tanti Toto Cutugno e Peppino Di Capri in erba, che non solo arrivammo secondi nella selezione (passavano i primi tre) ma la sera stessa fummo invitati ad esibirci nella piazza di Sabaudia nell’intervallo del concerto di Giorgia (non la cantate Giorgia di oggi, ma un’altra che ebbe briciole di notorietà negli anni ’80 grazie a Pippo Baudo…). La cosa, comunque, non ebbe un ulteriore seguito poichè alla band venne proposto, per avere un riscontro commerciale, di scrivere i testi in Italiano e, soprattutto Seby, non aveva l’intenzione di ‘imbastardire’ la sua matrice d’estrazione Bronx (Lorenzo Jovanotti qualche anno dopo farà tanti soldi…).

Nelle foto: in alto il Loche, al centro il concerto del salotto di casa Gabrielli ed in basso Sebastiano Ruocco.

Entrano negli 1% Fabrizio e Turi (ascolta 'I will depend on you')


Presto però, a causa degli impegni universitari di Massimo, il gruppo dovette cambiare il batterista e a Massimo subentrò un amico del Sellaro, Fabrizio Fratepietro, conosciuto soprattutto per comodità con il nome di 'Frappa', talentuoso batterista diciassettenne di estrazione Jazz, che in futuro collaborerà con Il Banco, Noa e fonderà i Babyra Soul riscuotendo un certo successo commerciale. Il passaggio delle consegne avvenne durante la prima esibizione ufficiale in un locale pubblico del gruppo al cinema Sisto di Ostia Lido il 4 Dicembre 1986, quando ‘Call me on’ venne suonata da Stefano alla batteria e Fabrizio alle percussioni e ‘Consider me gone’ di Sting da Fabrizio alla batteria e Stefano alle percussioni. Forse è stato proprio quel concerto a darci la consapevolezza dei nostri mezzi: ‘ Call me on’ era totalmente sconosciuta, anche perchè era la prima volta che la eseguivamo in pubblico, ma le circa 1000 persone presenti nel cinema ci accompagnarono cantando l’orecchiabile ritornello del brano. Fu una soddisfazione enorme ed una spinta a continuare sulla strada che avevamo appena iniziato. Per la cronaca Fabrizio possedeva una vecchia batteria argentata Aria.

Di li a poco, dopo aver già partecipato più volte a varie sessioni di registrazione, entrò in pianta stabile nella band Turi Spinozzi, sassofonista tenore dallo stile che ricordava Stan Getz.

Nella foto in alto Fabrizio Fratepietro.

Le prime composizioni (clicca qua e ascolta 'Watch the Horizon')

Per tornare all musica, lo stile andava dal soul raffinato al rock, i testi erano in inglese e l’intenzione era quella di eseguire quasi esclusivamente pezzi scritti da noi.

Dopo un periodo iniziale passato a suonare canzoni dei Police, Pink Floyd, Beatles, U2 e tant’altro, il Sellaro un tardo pomeriggio d’autunno si presentò a casa Gabrielli con un foglio pentagrammato con la melodia e le armonie di una canzone nuova. L’entusiasmo era tanto e così io buttai giù il testo. Nasceva così la prima canzone originale del gruppo: ‘Call me on’ e con esso il sodalizio Sellaro-Gabrielli, che funzionò per tutti i brani scritti dagl i ‘Unpercento’. Il primo autore delle musiche ed io dei testi.
Massimo disponeva di un piccolo mixer con un quattro piste a bobine: uniche registrazioni che testimoniano questa prima fase furono i prototipi della stessa ‘Call me on’ ed una nuova composizione lenta e melliflua, ma dalla melodia sicuramente interessante: ‘Watch the Horizon’, per il cui testo mi ero ispirato a un espressione del viso di Nadia e che registrai con la chitarra classica di un'amica, Alessandra Bosco. Sicuramente dietro a molta ingenuità ed inesperienza evidenti, già si potevano però intravedere grande passione e talento. Immediatamente i due Andrea si iscrivono alla SIAE per poter depositare le composizioni.

Il vero e proprio debutto in società si consumò il 26 Ottobre ’86 in una festa privata nel giardino della villa di Nadia Versari, un’amica di liceo, all’Infernetto, quartiere residenziale sulla Cristoforo Colombo, suonando però solo cover e con l’ulteriore collaborazione di un secondo tastierista da noi ricordato come l’Innominato… (grattatio pallorum).

‘Call me on’ piacque molto ad un caro amico che in quel momento lavorava a ‘Radio Onda Sabina’. Sarà lui, Sandro Alongi, Alex, per chi lo conosce radiofonicamente (ricordiamo il lavoro svolto anche presso ‘Radio Luna’, ‘Radio Subasio’, ‘Isoradio’ e, finalmente, ‘Radio Rai’), Piso per noi amici intimi, a propagare nell’etere nel pomeriggio del 24 Novembre 1986, per la prima volta un brano degli ‘Unpercento’, appunto, ‘Call me on’.

Nel giardino di casa Giagnacovo a Casalpalocco vennero anche scattate le prime fotografie ‘ufficiali’ del gruppo dalla mamma di Andrea e Adriano, Simonetta Randisi, che seguirà fotograficamente, con assidua partecipazione, le vicende del gruppo.

Nelle foto: in alto momenti del concerto a casa di Nadia con l'innominato. Al centro 'Piso' con Adriano. Sotto la mitica fotografa del gruppo, Simonetta.

Il nome... (clicca qua e ascolta 'Call Me On')


Molti amici ci hanno chiesto il perchè di tale nome. Beh, la storia è sicuramente originale e divertente. Quell’afoso pomeriggio dell'agosto del 1986 Adriano aveva portato una rivista settimanale (tipo Panorama o Espresso) dove erano riportate le statistiche sulle prime esperienze sessuali dei giovani e c’erano diverse fasce d’età con la rispettiva percentuale. Per fare un esempio (non ricordo più le cifre vere), da 12 a 14 anni il 18%, da 14 a 15 il 28% e così via, fino ad arrivare alla nostra fascia d’età. Io ed il Sellaro avevano 20 anni e Massimo ed Adriano 18. In quella fascia, del ‘dopo i 18 anni’ la statistica riportava un laconico 1%. ‘Unpercento’. Ecco il nome della band! Ed eravamo destinati a peggiorare la nostra posizione… a buon intenditore (anche se non ho mai creduto sulla veridicità di quei numeri...). Tanto per rendere giustizia ai nostri eroi, c’è da dire che dopo diversi anni, leggemmo una statistica che ci riabilitava moralmente, assegnandoci delle percentuali ben più nobili e verosimili. Ci sembrava strano che in Italia ci fosse un tale esercito di baby-Rocco Siffredi!


Unpercento: La nascita (clicca per ascoltare la prima emissione radiofonica)



La storia di questo gruppo ha un percorso tortuoso e ricco di cambiamenti. All’inizio è una band pop abbastanza raffinata con influenze funky e rap, che esegue, soprattutto, pezzi originali. Diventerà una Blues Band, e con questa matrice impreverserà nei locali romani per diversi anni e con un certo successo, proponendo quasi esclusivamente cover di Rhythm’n’Blues e Rock anni ‘70. Infine, dopo anni di tentativi abortiti, si trasformò per terminare come un gruppo ‘unplugged’.

C’è da constatare che la band ha sempre cercato di uscire dal ‘mucchio’ e di crearsi un suono ed un’immagine propria. Agli inizi della storia (1986) i gruppi romani che si cimentavano nella musica dal vivo per la prima volta suonavano pressocchè sempre le stesse cose: musica da 'superclassifica show' e 'discoring' o classici del Rock anni ‘70. Noi invece cercavamo un punto d’incontro tra il pop/rock ed il jazz, cosa che in quegli anni facevano grandi nomi come i Crusaders o i Level42. Anche per quanto riguarda la Blues Band, cominciammo a proporre i brani classici del Rhythm’n’Blues in versione Rock, quando nessuno ancora lo faceva (…dopo qualche anno cominciarono a farlo tutti e, probabilmente, ha già stancato da parecchio tempo). E che dire del gruppo Acustico: l’idea era nata già nel ’93. Avevamo già la passione per quello che poi, alla fine degli anni ’90, grazie alle fortunate trasmissioni di MTV, verrà riconosciuto come ‘unplugged sound’. Ma torniamo alla nascita: la band si forma dall'incontro di Andrea Gabrielli (che vi scrive nel blog) voce e chitarra Ibanez Musician, Andrea Sellaro al piano elettrico Fender Rhodes,

Adriano Gabrielli al basso, un'imitazione del Jazz Bass della Fender, e Massimo Giangnacovo alla sua batteria Tama rossa.

Nella foto da sinistra: Andrea Sellaro, Andrea Gabrielli, Massimo Giagnacovo e Adriano Gabrielli

Introduzione: Uno stile in Evoluzione

La storia di questo gruppo ha un percorso tortuoso e ricco di cambiamenti. All’inizio è una band pop abbastanza raffinata con influenze funky e rap, che esegue, soprattutto, pezzi originali. Diventerà una Blues Band, e con questa matrice impreverserà nei locali romani per diversi anni e con un certo successo, proponendo quasi esclusivamente cover di Rhythm’n’Blues e Rock anni ‘70. Infine, dopo anni di tentativi abortiti, diventa quella che è adesso, cioè un gruppo cosidetto ‘unplugged’.

C’è da constatare che la band ha sempre cercato di uscire dal ‘mucchio’ e di crearsi un suono ed un’immagine propria. Agli inizi della storia (1986) i gruppi romani che si cimentavano nella musica dal vivo per la prima volta suonavano pressocchè sempre le stesse cose: musica da superclassifica show e discoring o classici del Rock anni ‘70. Noi invece cercavamo un punto d’incontro tra il pop/rock ed il jazz, cosa che in quegli anni facevano grandi nomi come i Crusaders o i Level42. Anche per quanto riguarda la Blues Band, cominciammo a proporre i brani classici del Rhythm’n’Blues in versione Rock, quando nessuno ancora lo faceva (…ora ovviamente lo fanno tutti e, probabilmente, ha già stancato da parecchio tempo). E che dire del gruppo Acustico: l’idea era nata già nel ’93. Avevamo già la passione per quello che poi, alla fine degli anni ’90, grazie alle fortunate trasmissioni di MTV, verrà riconosciuto come ‘unplugged sound’. E, come un ricorso storico inevitabile, ora si sta ritornando gradualmente al vecchio grande progetto delle composizioni originali.